Le linee del coraggio
Barcelona, 2016
Il progetto fotografico "Le linee del coraggio è stato realizzato durante la mia permanenza in Spagna dovuta al progetto Erasmus. Queste foto, rubate dalla strada, sono l'espressione del conflitto interiore tra la necessità di regole, tipica delle persone fragili, e l'incostante ossessione per le emozioni ingovernabili.
Linee curve e forme tondeggianti si affiancano a rigide e lineari righe che dividono la fotografia in sezioni ben precise. Il soggetto principale, mai centrato nella foto, viene come spiato da dietro un angolo nascosto al quale non aveva mostrato sufficiente attenzione.
Prima della mia partenza tutti mi dissero "Claudia divertiti e non pensare. Tutto quel che succede in Erasmus, rimane in Erasmus".
Il mio ultimo giorno ero in aereoporto e fissando l'orologio che contava i secondi tra me e l'Italia, non facevo altro che pensare a quanto avessi voluto che niente di quel che avevo imparato in quei mesi rimanesse lì.
Quando vediamo i nostri amici partire e vediamo le loro foto, ascoltiamo i loro racconti, crediamo sia semplice.
In realtà non è proprio così.
L'Erasmus è festa, tornare a casa al mattino, essere un foglio bianco per chiunque, ricominciare da zero.
Ma l'Erasmus è anche solitudine, frustrazione.
I primi mesi ricordo che contavo i giorni per il ritorno. Non è da deboli ammettere quanto è difficile stare lontani da casa, vuole semplicemente dire che accettiamo la nostra umanità.
Ti chiedi se hai sbagliato a partire, se non saresti stato meglio all'interno della tua comfort zone.
Ma non è proprio uscendo da questa che inizia la crescita?
Credo sia facile per tutti stare comodi a casa propria.
Ora sono a Milano, e proprio ieri, a due mesi dalla Laurea ho ricevuto una mail dalla mia Università spagnola: hanno accettato la mia domanda di Master.
A partire dal 4 ottobre sarò ufficialmente iscritta, e non come un'estranea. Questa volta sarò una di loro.
Mi ricordo che i primi tempi ero dura e chiusa, infondo non volevo stare lì. Nessuna idea a riguardo delle differenze tra catalano e castigliano, un inglese neanche troppo perfetto e solo se era strettamente necessario.
Lasciare me in un posto senza poter parlare né esprimermi forse è una delle più grandi punizioni che mi si possano infliggere.. ma da questa situazione di totale confusione, sento di essere cresciuta.
Cinque mesi di esercizio di pazienza. Agli occhi degli altri inizialmente risultavo timida, io che timida credo di non esserlo stata neanche all'asilo.
Piano piano le cose sono migliorate ed ho iniziato a sorridere alle persone. Ore a guarda film in lingua, con personaggi che per me sarebbero potuti essere tranquillamente Speedy Gonzales in accesa discussione con un paio di tipi di Paso Adelante.
Settimane passate a leggere cartelli stradali, comprare libri incomprensibili, ritagliare giornali, ascoltare l’altoparlante della metro sperando un giorno di capire finalmente cosa volesse da me.
Ma tutti questi esercizi hanno dato i loro frutti ed io ho iniziato a capire.
Giorno dopo giorno le voci sui bus hanno smesso di essere rumori di sottofondo perchè in un modo o nell'altro ho scoperto la loro logica. Ho iniziato a sentirmi parte di qualcosa.
Dopo le vacanze di Natale sentii che dovevo sfruttare al meglio i mesi restanti, e lasciando a casa tutta la vergogna che mi trascinavo dietro ho abbandonato definitivamente l'inglese a favore di un castigliano degno di un bambino di cinque anni.
“Come si dice questo? Come si dice quello?” a costo di farmi odiare da chiunque fosse nei miei paraggi.
Ho incontrato persone pazienti. Persone che bene o male si sono rese tutte disponibili a capirmi e ad aiutarmi anche solo aspettando che io finissi la frase con la dovuta lentezza.
Ho conosciuto una quantità indescrivibile di vite interessanti e tutte diverse le une dalle altre. Alcune erano completamente diverse dalla mia, altre talmente simili da lasciarmi senza parole.
Ho visto albe da togliermi il fiato e tramonti da lasciarmi incantata.
Architetture spettacolari e colori del cielo che Milano mi aveva fatto dimenticare.
Ho visto un mare ed un sole che a Gennaio credevo non fossero possibili da vedere. Ho passato il mio compleanno in canotta, il 7 di Novembre. Ho preso aerei, treni, autobus, filovie e navi.
Mi sono svegliata innamorata alle tre di notte percorrendo l'intera città senza sapere con esattezza perchè lo stessi facendo. Non lo sapevo, ma lo sentivo. Sentivo la felicità riempirmi il cuore e bloccarmi la gola.
Ho riso, ho pianto, ho rischiato, ho perso, ho vissuto. Ho imparato. Ho vinto.
Ho visto birre ad un euro e discoteche che sembravano svendite di carne fresca, ma anche bar dove giocavano a limbo ascoltando una Carrà che inspiegabilmente cantava in Spagnolo "Com'è bello far l'amore".
Ho visto omini del biliardino avere le gambe divaricare, e persone chiamare assurdamente "palomitas" i pop corn.
Ho visto tradurre "American Dad" in "Padre de familia", e chiamare "carbonara" una pizza senza neanche l'ombra di un uovo.
E' da esperienze come queste che si diventa persone ogni giorno migliori. Che si capisce quanto del mondo ancora non conosciamo e quanto ci potrebbe far sentire meglio farlo.
A volte si resta a casa per pigrizia, altre per semplice paura di firmare un foglio. Insicurezza.
È da esperienze come queste che si capisce l'importanza di parlare più di una lingua. Perchè esistono un'infinità di cose che non sappiamo, che forse ci somigliano più di quel che pensiamo e magari conoscendole potremmo iniziare a sentirci un po' meno soli e un po' più circondati da persone come noi.

Calore lineare, 2016

Se porti attenzione, Barrio Gotico, 2016

Amore rubato, 2016

Sogni con un differente punto di vista, Cattedrale di Santa Maria Eulaia, 2016

Vecchio e nuovo nel rispetto, Rambla, 2016

Movimenti della memoria - il giorno successivo, 2016

Strane forme di vite straniere, 2016

Droga interessata,2016

Linee rette, Rambla del mar, 2016

Geometrie delle nuvole, Bunker del Carmel