Mario e Maria Donata alla finestra
Le radici sono importanti
citta' sant'angelo, 2016

“Nunca pensé que lo peor de hacerse mayor fuera la soledad” (Non avrei mai pensato che la cosa peggiore di invecchiare fosse la solitudine) recita un cartellone pubblicitario nelle metro di Barcellona. Tutte le mattine stessa fermata della metro, stesso posto in banchina, stesso cartellone davanti i miei occhi.
“Ayudanos a llevar compagnia y calor humano a las personas mayores”.
Aiutaci a dare compagnia e calore umano agli anziani.. Dona ora. Dona ora, mi chiedevano di donare.
Così ho deciso di iniziare un progetto per Non Dimenticare. Non dimenticare le tradizioni, non dimenticare la vita prima di noi.  Per non dimenticare che esisteva un mondo prima del nostro, diverso dal nostro, non per forza migliore o peggiore, ma un mondo che è nostro dovere ricordare, nostra responsabilità scavare fino alle radici, così da sapere che gusto aveva la terra che ha sfamato i nostri nonni.  Il mondo di oggi è veloce. Siamo finalmente arrivati (o quasi) all’idea di essere uomini uguali, con la stessa importanza indipendentemente dalla nazione di provenienza, dalla religione o dal colore della pelle. Si viaggia molto di più e si imparano le lingue, iniziano così a nascere bambini da genitori di etnie e provenienze completamente differenti. I ragazzi incominciano a spostarsi dalle loro città per studiare all’università e le famiglie iniziano ad essere composte non più da un padre ed una madre provenienti dallo stesso quartiere, o dalla stessa regione. I genitori, già con questo primo passo, possono offrire ai figli una visione più ampia della vita rispetto a quella che veniva offerta ai nostri nonni. Questa mescolanza ho sempre pensato fosse fonte di ricchezza. Ma la mescolanza sarà fonte di ricchezza se ognuno di noi avrà avuto la premura di conoscere il luogo dal quale proviene.
Il progetto prevede di girare l’Italia, la Nazione che mi dona un’identità da sfoggiare ogni volta che prendo il mio zainetto e riparto all’avventura, alla ricerca delle tradizioni e dei costumi, regione per regione, provincia per provincia, contrada per contrada. Incontrare persone anziane disponibili a regalarmi un po’ del loro tempo cercando di proiettarmi nel passato di un’Italia che io non ho potuto vivere.
Passando un pomeriggio con loro, facendo domande, scattando foto, sento di aiutare in parte me stessa e chi verrà dopo di me, perché sento di arricchirmi momento per momento, ma sento di aiutare in parte anche loro, i quali una volta terminato l’incontro, mi regalano sorrisi ed abbracci (vino gingerino e caffè), felici di aver contribuito ad aggiungere un pezzettino di mondo al poco che conosco.  Alle sedici di oggi pomeriggio è iniziata la prima tappa. Entro in macchina ed ad aspettarmi non molto lontani c'erano Mario e Maria Donata, sposati del ’59 e fidanzati dal ’43.
56 anni di matrimonio signorì”, sfoggiano fieri.
Mi affretto a chiedere a Maria Donata il segreto dietro il loro matrimonio.
“Siamo sempre andati d’accordo, ma è facile dirlo. La vita dei contadini è dura, Mario usciva la mattina prima dell’alba e tornava a casa al tramonto. Non erano molte le ore che passavamo insieme, ed ora che a casa è più presente, perché  insomma, abbiamo pure una certa età, mi aiuta. Apparecchia la tavola, aggiusta le finestre. E’ un buon uomo.
Dalla sua Mario tiene a puntualizzare che però una volta non era scontato. Per lui l’amore si è sempre fondato sul rispetto e sulla tolleranza e con sua moglie si sono sempre consigliati prima di prendere le decisioni di comune accordo, ma una volta l’uomo pretendeva e otteneva il massimo controllo, non si era aperti al dialogo. Maria Donata continua “Oggi si sono persi i valori essenziali della tolleranza. Stare insieme, provenendo da due famiglie diverse, con abitudini diverse, non è semplice”. Il primo figlio di Mario e Maria Donata nasce proprio nell’anno del loro matrimonio. Ma perché così presto, perché tutta questa fretta?
“Tra contadini e contadini le cose si fanno di fretta, il matrimonio è veloce. E poi non perdi tempo, senza televisione cosa avevi da fare? Al pomeriggio ci si raccontavano le barzellette, si stava con le zie. Non si sapeva niente di quello che era il mondo fuori. Con terra e acqua costruivamo le pentole, i calzaspini erano la moneta di scambio. D’argilla e paglia invece erano i mattoni. Da bambini si giocava tutto il giorno, e dopo i nove anni di corsa a lavorare. La voglia di fare i figli subito, veniva da sé”.
Era difficile uscire fuori dal proprio paese.  Quali soldi? Quale tempo? Prima si è ragazzi, ed in un attimo si è già genitori e nonni. Gli amici son gli stessi dalle scuole elementari, anche perché dopo di quelle potevi solo lavorare. La scuola era sempre troppo poca, c’era la quinta e poi già il diploma.
“Non avevo compiuto dieci anni quando andai alle scuole serali per imparare a fare la firma mia” dice Mario, ed io lo guardo e penso che il mondo delle volte è strano.
Era necessario che tu iniziassi a lavorare, in qualche modo si doveva trovare il modo per mangiare. Il lavoro non lo sceglievi tu, tuo padre era contadino, e quindi facevi così.  La giornata d’estate incominciava alle quattro, mentre d’inverno potevi dormire fino alle sette, otto del mattino. Ci si addormentava con il tramonto e ci si svegliava col sole. L’acqua non c’era e la luce neanche. Per riscaldarsi ci si nascondeva nelle stalle di fianco il bestiame.  Sì i camini c’erano, ma la legna?  Tra famiglie ci si aiutava, i soldi non c’erano, si scambiavano le abilità. Le scarpe d’estate non erano necessarie, sotto i piedi c’era roccia. D’inverno era più difficile.  Negli anni cinquanta si rubavano i copertoni delle moto tagliandoli in base alla lunghezza del piede. Due punti in punta, due punti dietro, ed ecco le scarpe nuove. Il calzolaio non era affare da tutti, ma alcuni potevano permetterselo.  Veniva a casa tua, dormiva due o tre giorni, mangiava, e nel frattempo costruiva le scarpe. Il sarto utilizzava lo stesso metodo con i vestiti ed invece per i mobili l’artigiano andava al bosco, tagliava la legna e in due giorni aveva già costruito una quindicina di sedie.
“E le tariffe?” - “Ma che tariffe e tariffe, già è tanto che avevamo qualcosa da dargli da mangiare”.
I genitori contadini avevano ciascuno il proprio padrone, i proprietari della terra, i mezzadri, chiamati così perché trattenevano la metà del tuo guadagno. Nel ’58 uscì la legge per dividere i soldi, il 48 per cento al contadino ed il 52 al mezzadro, giusto per mantenere il dislivello della loro non parità.  Il mezzadro ed il contadino avevano un quaderno ciascuno nel quale segnavano i conti che dovevano venir firmati alla fine di ogni scambio. A firma mancata lo scambio non era mai avvenuto. A volte usurai, pretendevano tre anticipando solo uno. E non potevi opporti, si avevano cinque, sei figli. Dove andavi? Dovevi sottostare a quella sorta di schiavitù.
“Perchè si facevano tanti figli? Non si era in difficoltà economica?”
- gnorantità!- Come gli extracomunitari di oggi che hanno tanti figli. Non hai niente da fare, lavori e ammazzi lo stress. Non ti rendi conto che non avrai la possibilità di offrir loro un buon futuro. Se anche a te è stato negato non ti sembra neanche di privarli di qualcosa di fondamentale.
Nelle parole di Mario e Maria Donata ho letto tanto orgoglio. Pur non essendosi mai spostati molto lontani dalla casa nella quale vivono, sono stati capaci in un’ora scarsa di offrirmi una chiave del mondo differente. Mi hanno salutata regalando del vino e un abbraccio forte. E così anche solo dopo un’ora di conoscenza, gli ho voluto bene. Mi hanno insegnato una risposta a molte delle mie domande. Perché le donne continuano a fare molti figli nei paesi poveri, perché gli amori finiscono ai giorni d’oggi a volte prima a volte dopo che un figlio sia venuto alla luce, perché si vuol cambiar lavoro e non si è mai soddisfatti. Magari non è l’unica, magari non è quella giusta, ma ho conosciuto la loro lettura del mondo e per questo non posso far altro che ringraziarli. A volte si cade nel banale, paragonando l’oggi al “c’era una volta”.
“Si stava meglio quando si stava peggio, le cose le apprezzavi di più”.
In realtà non c’era scelta. Non potevi non apprezzare, semplicemente perché conoscevi un solo modo per fare le cose. Difficilmente nel corso della tua vita venivi messo davanti a delle scelte, quindi da padre o da genitore difficilmente eri elastico nel lasciarle ai figli. Prendevi in moglie la ragazzina più o meno della tua età, nata e cresciuta nei pressi della tua casa, e le rimanevi fedele tutta la vita. Facile rimanere fedeli alla stessa donna se nei paraggi non v’è l’ombra di un’altra. Facile rimanere fedeli alla stessa donna, se si esce al mattino alle 4 e si rincasa alle otto.
La tradizione nelle piccole cose, 2016
La fierezza, 2016
L'ora è da ricordare, 2016
Mani che hanno raccolto il mondo, 2016
Passato nel presente, 2016
Le radici sono importanti
Nella casa del signor Sirio, 2016
Durante il 2016 ho incominciato il progetto riguardo l'importanza della tradizione. 
Viaggiando dal Sud al Nord Italia alla ricerca di preziosi consigli e pensieri che hanno attraversato gli anni sopravvivendo a cambi generazionali, ascoltando storie riguardanti vite che hanno visto quanto duro può essere sopravvivere durante un periodo come quello della Seconda Guerra Mondiale e degli anni a seguire. 
Se davvero conoscessimo e capissimo cosa successe, potremmo realmente comprendere molto di più riguardo il nostro presente. Inoltre, studiare il passato risulta essere molto utile al fine di effettuare corrette previsioni riguardo il futuro. Tutto ciò che accadde infatti è già finito, e subiamo ai giorni d'oggi le conseguenze, positive o negative che siano, delle decisioni passate. 
Back to Top